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Compensazione e crediti inesistenti: chiarimenti sull’inesistenza del credito

La Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui i crediti inesistenti ex art. 10-quater d.lgs. 74/2000 si configurano in presenza di situazioni prive di elementi giustificativi reali o fenomenicamente apprezzabili. Pertanto, la consapevole accettazione del ruolo di amministratore in cooperative fittizie fonda il concorso nel reato.

A cura di Avv. Elena Casotto e Dott. Nicola Lampidecchia

Con sentenza n. 1757 del 15 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi proposti da quattro imputati, amministratori di società cooperative, confermando la condanna per il reato di indebita compensazione con crediti inesistenti ex art. 10-quater, comma 2, d.lgs. 74/2000. 

La pronuncia offre importanti chiarimenti sul concetto di credito inesistente e sulla responsabilità degli amministratori “prestanome”.

Gli imputati sostenevano di essere stati utilizzati come "teste di legno", privi di consapevolezza della natura fittizia dei crediti compensati. 
Tuttavia, i giudici di merito hanno valorizzato i seguenti elementi: le cooperative amministrate erano delle  "scatole vuote", prive di una reale attività economica e di scritture contabili, domiciliate presso studi professionali senza alcuna struttura operativa.
La Corte ha confermato questa tesi, confermando la condanna.

La decisione si basa sulla qualificazione dei crediti come "inesistenti" ai sensi dell'art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997. 
La Corte ha ritenuto che, per essere considerato inesistente, un credito deve essere privo di fondamento reale, non sorretto da alcuna situazione effettiva o da elementi giustificativi. Nel caso specifico, l'assenza di documentazione contabile a supporto dei crediti compensati ha portato alla conclusione che questi fossero fittizi.

La Corte ha ribadito che un credito può qualificarsi come inesistente quando manca il presupposto costitutivo e la sua esistenza non è rilevabile tramite i normali controlli formali
Tale concetto, richiamato anche dalla giurisprudenza tributaria, implica l’assenza di elementi giustificativi apprezzabili o l’utilizzo fraudolento del credito stesso. 
La responsabilità penale degli imputati è stata confermata sulla base di un ragionamento probatorio che ha tenuto conto sia della loro consapevole accettazione del ruolo di amministratori in contesti privi di trasparenza gestionale, sia della macroscopica illiceità dell’attività svolta dalle cooperative. 
Gli imputati, sebbene privi di competenze tecniche, avrebbero dovuto esercitare i doveri di vigilanza derivanti dalla carica, astenendosi dall’assumere ruoli di mera facciata. La loro condotta è stata, pertanto, considerata connotata da dolo eventuale, avendo questi accettato il rischio di conseguenze illecite derivanti dall’operato dei gestori reali.

La giurisprudenza di legittimità ha ribadito che il reato sussiste quando il contribuente utilizza crediti inesistenti in compensazione per ridurre debiti fiscali o previdenziali, configurando un danno diretto all’erario.