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D.Lgs. 231/01 e associazione per delinquere: la Cassazione ribadisce la rilevanza del solo interesse/vantaggio del reato associativo

La Corte di Cassazione ha chiarito che l'accertamento della responsabilità da reato degli enti in casi di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) rende necessario valutare la sussistenza di un vantaggio "complessivo" derivante dal reato associativo, non limitandosi alla verifica del vantaggio correlato ai reati scopo. 

A cura di Avv. Alessia Lipari e Dott. Nicola Lampidecchia

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11390 del 19 marzo 2024 si è pronunciata sulla configurabilità della responsabilità da reato degli enti nei casi di associazione per delinquere (art. 416 c.p.). 

La vicenda processuale riguarda una società imputata – congiuntamente al responsabile del cantiere – per aver posto in essere condotte illecite idonee ad integrare i reati presupposto di cui agli artt. 24-ter co. 2 e 25-undecies del D.Lgs. 231/2001 (i.e. associazione per delinquere costituita allo scopo di commettere delitti concernenti il traffico illecito organizzato di rifiuti speciali, anche pericolosi, mediante trasporti e sversamenti, presso siti sconosciuti o discariche comunque non autorizzate, di ingenti quantità di materiale abrasivo di scarto prodotto dalla sabbiatura delle carene delle navi).

La Corte di Appello di Messina aveva confermato la condanna inflitta in primo grado alla Società e al responsabile del cantiere. La difesa della Società, ricorrendo in Cassazione, censurava, tra l’altro, la sentenza impugnata perché: «Risulterebbe dal testo della sentenza, dunque, che le condotte sarebbero cessate nel luglio del 2009, mentre l'introduzione tra i reati presupposto della responsabilità dell'ente di quelli di criminalità organizzata è avvenuta con l’introduzione dell'art. 24-ter con la legge 15 luglio 2009 n.94, entrata in vigore l'8 agosto 2009, e dei reati ambientali con l'art. 25-undecies mediante l'art. 2 del D.Lgs. 7 luglio 2011 n. 121, entrato in vigore il 16 agosto 2011».

Sollecitata da tale motivo di ricorso, la Suprema Corte di Cassazione ha rilevato l’opportunità di «chiarire l'ambito applicativo degli art. 24-ter e 25-undecies D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 perché l'impostazione della sentenza impugnata è inficiata da un vizio di fondo».

Infatti, il Giudice di legittimità ha evidenziato che la Corte d'Appello ha valorizzato, al fine di accertare la sussistenza di un interesse o vantaggio per l’Ente, fattispecie di reato non incluse nel catalogo tassativo dei reati presupposto e, come tali, oggettivamente insufficienti, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, a fondarne la stessa imputazione di responsabilità
Richiamando uno dei precedenti più noti in materia (la sentenza del 29 novembre 2019 n. 8785), la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha rilevato che, indipendentemente dal vantaggio potenzialmente prodotto dai cd. reati fine dell’associazione, la sussistenza della responsabilità dell’ente deve essere motivata in funzione del vantaggio “complessivo” del reato associativo, ovvero degli utili derivanti dalla realizzazione del programma criminoso da parte di tutti i consociati.   

Ebbene, tale pronuncia segue un precedente filone giurisprudenziale secondo cui: «in tema di responsabilità da reato degli enti, allorché si proceda per il delitto di associazione per delinquere non è necessario, ai fini della sussistenza della colpevolezza della società, che i reati scopo dell'associazione rientrino fra quelli richiamati dagli artt. 24 ss. d.lgs. n. 231 del 2001, potendosi individuare un vantaggio patrimoniale derivante ex se dal reato associativo» .

Alla luce di quanto sopra, dunque, è fondamentale che ciascun ente, nelle attività di risk assessment propedeutiche alla redazione dei Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/2001, effettui delle valutazioni puntuali anche con riferimento alla fattispecie associativa, muovendo dal presupposto che le misure di prevenzione implementate non devono mirare a contenere il rischio di ogni fattispecie di reato astrattamente idonea a costituire un reato fine dell’associazione bensì la sola attuazione di programmi criminosi collegiali all’interno della propria organizzazione. 
 
Quali dunque gli aspetti da attenzionare nella costruzione del Modello?
È opportuno adottare misure di segregazione di ruoli e responsabilità e assegnare ruoli di verifica e controllo a soggetti dotati di adeguate autonomia decisionale e competenze tecniche.