Indagini interne in caso di illecito del dipendente: termini per proporre querela
Nel caso in cui siano condotte indagini interne all’azienda necessarie per l’accertamento di presunti fatti di reato, poi rivelatisi tali, i termini di cui all’art. 124 c.p. non decorrono dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto, ma dall’esito di tali verifiche.
La Seconda Sezione Penale della Cassazione, in una sua recente pronuncia, ha affrontato il tema dei termini per la presentazione della denuncia-querela da parte dell’ente nel caso in cui il personale commetta atti illeciti.
Nello specifico, su di esso, in quanto persona offesa, “grava anche un onere di accertamento in ordine ai termini concreti della vicenda, onere che va soddisfatto in vista di un ragionevole tempestivo esercizio del diritto di querela”.
L’espletamento di tale dovere – e quindi il necessario svolgimento di indagini interne ai fini di un concreto accertamento della vicenda – determina lo slittamento del dies a quo da cui far decorrere i termini per la proposizione della querela rispetto al momento della mera conoscenza o dell’emersione del semplice sospetto dei fatti di reato.
Infatti, sarà l’esito delle investigazioni a determinare “la conoscenza certa del fatto, tanto sotto il profilo oggettivo come sotto quello soggettivo, non essendo sufficiente il sospetto”.
In tal senso, la Suprema Corte ha dichiarato manifestamente infondato il motivo di ricorso dell’imputata che ha lamentato la tardività della querela da parte della società, la quale si sarebbe determinata a proporla non nel momento in cui aveva formalmente appreso i fatti, ma solo all’esito delle indagini interne effettivamente svolte.
Infine, con specifico riferimento a queste ultime, la Cassazione ha fornito una precisazione in punto di applicabilità o meno dell’art. 220 disp. att. c.p.p., il quale sancisce il rispetto delle norme del Codice per assicurare le fonti di prova nel caso in cui emergano indizi di reato “nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti”: tali cautele non trovano la loro ragion d’essere nel caso in cui – come quello di specie – il rapporto sia di natura privatistica, essendo proprie dei rapporti tra dichiaranti ed esercenti una funzione ispettiva o di vigilanza pubblica.