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L’importanza dei controlli effettivi sulle terze parti

A cura di Avv. Gabriella Isgrò

I recenti casi di cronaca giudiziaria su presunte pratiche di sfruttamento del lavoro che hanno riguardato rinomate società operanti nel settore moda hanno riportato in primo piano il tema dell’importanza del controllo della filiera produttiva e delle terze parti, in generale. 

In particolare, le indagini svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano hanno riscontrato il ripetersi di uno schema operativo ricorrente e caratterizzato da fattori comuni. Grandi aziende affidano l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione del processo produttivo; le aziende appaltatrici non dispongono oppure dispongono solo formalmente della capacità produttiva, potendo unicamente svolgere attività di mera campionatura; quest’ultime, dunque, ricorrono a opifici che utilizzano manodopera irregolare in condizioni di totale sfruttamento. 

In capo alle suddette società appaltatrici che a loro volta commissionano il lavoro a terzi emergono profili di responsabilità colposa per non avere controllato la catena produttiva, né verificato la reale capacità imprenditoriale dei soggetti cui veniva affidata la produzione e, di fatto, le concrete modalità con cui la stessa era eseguita. 

Le gravi omissioni e le carenze organizzative delle società in questione nell’effettuare verifiche – che avrebbero dovuto e potuto compiere -, nei confronti dei fornitori esterni e della filiera dei sub-appalti ha quindi agevolato la consumazione da parte di terzi di condotte penalmente censurabili, in quanto riconducibili al reato di c.d. “caporalato”. Di conseguenza, essendo stati ravvisati i requisiti della condotta agevolatrice richiesta dalla fattispecie ex art. 34 D.Lgs. 159/2011, alle stesse è stata applicata la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria, allo scopo di contrastare l’ulteriore propagazione di azioni antigiuridiche, attraverso un percorso di “accompagnamento” nella fase di riorganizzazione aziendale funzionale ad una “riabilitazione” e ad una ripresa della libera attività commerciale, una volta eliminati gli elementi che ne hanno contaminato, seppur indirettamente, la piena legalità. 

La verifica delle terze parti: un processo essenziale

Gli esempi richiamati dimostrano quanto sia cruciale, prima di avvalersi di servizi da parte di imprese terze, eseguire rigorosi controlli sulle stesse in termini di valutazione generale di solidità e affidabilità in relazione a vari parametri attinenti la strutturazione interna, gli assetti societari, la capacità economico-finanziaria, il merito creditizio, la regolarità amministrativa, ma anche l’idoneità professionale allo svolgimento di alcune attività, il rispetto di determinate norme di sicurezza sul lavoro, nonché di adeguati standard nella gestione delle pratiche lavorative.

La qualifica dei fornitori non solo non può essere trascurata, ma deve svolgersi mediante un processo formalizzato con la logica del risk-based due diligence. Ciò, nell’ottica di promuovere diversi benefici, tra i quali si distinguono la cultura della legalità, l’approccio etico al business, la consapevolezza dei rischi cui l'azienda, le risorse umane che vi lavorano e, in generale, gli stakeholders sono esposti, oltre all’implementazione di un adeguato sistema di controllo interno. Tale procedura deve essere efficiente, economicamente sostenibile e proporzionata alla natura del servizio esternalizzato. Questo significa che essa deve essere, per così dire, congruamente calibrata in base all'importanza dell'attività oggetto di outsourcing e alla rilevanza del fornitore specifico nella “catena del valore”, evitando così un controllo eccessivo che possa ostacolare il normale svolgimento delle attività aziendali.

È chiaro che, per essere misurati ed equilibrati, è essenziale considerare diversi fattori, tra cui l’incidenza dell’apporto di beni e servizi da terze parti, in termini di capacità di raggiungere gli obiettivi strategici, di continuità e sostenibilità, nonché l’impatto del loro operato sul rispetto di norme, standard qualitativi o impegni contrattuali. È inoltre essenziale valutare attentamente i settori e i Paesi in cui operano tali soggetti per identificare possibili rischi per l’azienda committente. 

Quello che deve essere chiaro è che il coinvolgimento di terzi comporta automaticamente la potenziale integrazione di ulteriori profili di responsabilità sul piano giuridico e, quindi, la necessità di prevenire i relativi rischi. Tra questi non possono essere sottovalutati i rischi penali di responsabilità “da risalita”, rischi di delitti tributari (quali, ad esempio, frodi carosello, contestazioni di emissione di fatture per operazioni inesistenti o di dichiarazioni infedeli, ecc). Anche i rischi legati alla salute e alla sicurezza sul lavoro richiedono attenzione, con particolare riguardo alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese che eseguono determinati lavori. Allo stesso modo, come accaduto nei casi richiamati, non si possono ignorare i rischi di sfruttamento della manodopera, ma neanche quelli ambientali legati alla gestione incontrollata dei rifiuti, e i rischi di riciclaggio, ricettazione e corruzione, compresa la possibilità di coinvolgimento in attività criminali organizzate a livello internazionale.

A tutte queste specifiche criticità si aggiunge un elemento altrettanto rilevante da preservare: la reputazione aziendale. Evitare di associare il proprio nome a un’azienda coinvolta in vicende poco virtuose è necessario per tutelare la propria immagine e il proprio prestigio nel mercato. 

Cosa fare in concreto?


Omettere o svolgere in modo superficiale il processo di qualifica di un fornitore può rivelarsi un errore rischioso che può portare anche, nella peggior ipotesi, alle conseguenze che hanno interessato le società di cui abbiamo accennato. 

Applicare una serie di principi di controllo nell’ambito di una valutazione dei rischi nell’affidamento di forniture deve dunque essere la regola, partendo da un principio molto semplice: cercare il fornitore giusto, innanzitutto confrontando più preventivi, con riferimento alla prestazione richiesta. 

Una volta individuati più operatori, sarà quindi necessaria una verifica circa la loro idoneità a svolgere il servizio mediante 1) analisi reputazionale da fonti aperte, se disponibili, o report di società specializzate (ad es. Cerved, Cribis); 2) esame della visura camerale con particolare focus su: oggetto sociale, numero dipendenti e mansione degli stessi, sedi della società; 3) controllo sull’adozione di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e di un codice etico/di condotta.

La scelta del fornitore dovrà dunque avvenire in base a un vantaggio competitivo, che non si discosti in maniera sospetta dai valori di mercato, salvo giustificazioni ragionevoli “comprovate” da parte del fornitore, anche con riferimento all’idoneità tecnico-strutturale (ad es. presenza dei necessari macchinari, organico numericamente e qualitativamente coerente ai compiti da svolgere), sulla base delle informazioni acquisite, a svolgere l’opera/servizio affidato.

Sarà inoltre necessario assicurarsi il rilascio da parte del fornitore di una autocertificazione circa il rispetto della normativa contenuta nel D.Lgs. 81/2008, relativa alla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché la regolarità del pagamento di imposte e contributi, l’assenza degli indici di sfruttamento ai sensi dell’art. 603-bis c.p. e il rispetto della normativa in materia di privacy e data protection da parte di tutti i processi e dell’organizzazione aziendale.

Dovrà inoltre prevedersi lo svolgimento periodico di audit, concretamente volti a verificare che tutti gli elementi oggetto di qualifica siano realmente esistenti, nonché ad accertare l’assenza di fenomeni di decoupling (sdoppiamento) organizzativo (e quindi che lo scenario desumibile dalla documentazione raccolta trovi una corrispondenza nella realtà dei fatti), ovvero il rispetto delle informazioni raccolte tramite autocertificazione. 

Lo strumento che consente di poter organizzare, gestire e governare tali attività è senz’altro il Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/2001. Tant’è che nei provvedimenti di amministrazione giudiziaria sopra accennati proprio l’assenza o comunque l’inidoneità di tali modelli è stata valutata dagli organi giudiziari quale indice di sostanziale e formale colposa disorganizzazione causalmente collegata (in quanto agevolatrice) alle condotte illecite riconducibili ai propri fornitori. 

L’impatto della responsabilità sociale sulle scelte dei consumatori

Il tema del controllo delle terze parti è ancora più strategico se si considera il crescente interesse da parte dei consumatori verso le pratiche aziendali, atteso che la responsabilità sociale è diventata ormai un fattore determinante nell’orientare in generale le scelte d'acquisto.

La comunicazione di dati ESG (Environmental, Social, and Governance) e le relative rendicontazioni di sostenibilità sono strumenti essenziali per le aziende che vogliono dimostrare il loro impegno in termini di responsabilità sociale e, grazie a tale impegno, la volontà di attrarre investimenti sostenibili e clienti consapevoli. Al contempo, è evidente che tali politiche richiedono all’ente lo sforzo di assicurare un quadro sempre trasparente sulle pratiche realmente implementate, al fine di garantire la fiducia degli investitori, dei consumatori e degli altri stakeholder. 

Conclusione 

La gestione responsabile e trasparente delle terze parti è un principio che non riguarda solo le grandi aziende. Ogni impresa, indipendentemente dalle sue dimensioni, deve implementare rigorosi controlli interni e mantenere un costante monitoraggio dei propri rapporti esterni, estendendone i controlli, specialmente con fornitori e subappaltatori. Ciò, non solo nell’intento di garantire il rispetto dei diritti e di costruire una reputazione solida e rispettabile, ma anche e soprattutto, in concreto, per evitare rischi legali e operativi, contenere i costi e mantenere il pieno controllo del proprio business e della propria governance. Obiettivi questi ultimi di certo comuni alla piccola, media e grande impresa.