La Corte Costituzionale sancisce la rilevanza delle condotte riparatorie fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento
La sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che consentire all’imputato di far valere le condotte riparative solo prima dell’udienza di comparizione lede l’articolo 3 della Costituzione.
Con ordinanza del 12 dicembre 2022, il Giudice di Pace di Forlì ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 del D.Lgs. 274/2000, nella parte in cui sancisce che le condotte riparatorie ai fini dell'estinzione del reato debbano essere effettuate dall’imputato “prima dell'udienza di comparizione”, anziché prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
La Corte Costituzionale ha dunque ritenuto fondata “la sollevata questione di legittimità […] sotto il profilo della dedotta violazione del principio di ragionevolezza”.
È noto che il processo penale davanti al giudice di pace si caratterizza per un approccio particolarmente “flessibile”, giustificato dalla cognizione di fattispecie di marginale disvalore penale. In questo contesto, connotato dal favor legis per la mediazione tra le parti e i contegni riparatori o conciliativi dell’imputato verso la persona offesa, il giudice è chiamato a considerare con attenzione l'esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto o l'estinzione del reato per condotte riparatorie. Un approccio del genere è stato ribadito da numerose pronunce della Corte, che hanno evidenziato le caratteristiche peculiari di questo tipo di procedimento e la sua forte vocazione “conciliativa”.
In tale contesto, dunque, la previsione di una scadenza temporale per le condotte riparatorie così anticipata (“prima dell’udienza di comparizione”) finisce per impedire l’esercizio del ruolo di conciliatore da parte del giudice durante l'udienza, compromettendo la possibilità di promuovere il raggiungimento di un accordo tra le parti e di favorire la deflazione del contenzioso.
Per la Consulta l’evidente irragionevolezza dell’art. 35 in questione emerge con ulteriore evidenza dal raffronto con il procedimento penale di competenza del Tribunale, nel quale il termine ultimo per l’esecuzione di condotte riparatorie coincide con la dichiarazione di apertura del dibattimento, delineando un’ingiustificata disparità tra i due regimi temporali, laddove l'imputato innanzi al Giudice di Pace avrebbe possibilità assai più ristrette di porre in essere condotte riparatorie tempestive.
Infine, la previsione di un termine per le condotte riparatorie prima dell'udienza di comparizione è incoerente con quanto previsto da altri istituti, sostanziali e processuali - recentemente introdotti nel nostro ordinamento con finalità “deflattiva-premiale” -, i quali fissano il limite temporale massimo per le condotte riparatorie/risarcitorie nell'apertura del dibattimento.
Pertanto, alla luce dei motivi sopra sintetizzati, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 45 del 21 marzo del 2024 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 […], nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’estinzione del reato, le condotte riparatorie debbano essere realizzate «prima dell’udienza di comparizione», anziché «prima della dichiarazione di apertura del dibattimento» di cui all’art. 29, comma 7, del medesimo decreto legislativo”.