Omessa tenuta della contabilità di una società fallita: chiarimenti dalla Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8921/2024, traccia alcuni criteri di differenziazione tra le fattispecie di bancarotta documentale fraudolenta a dolo generico, a dolo specifico e semplice.
La sentenza in oggetto, relativa ad una imputazione per il reato di cui all’art. 216, co. 1, n. 2), L. Fall., (omessa istituzione dei libri contabili allo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori), ha offerto spunti di riflessione circa la sistematica delle condotte rientranti nelle fattispecie di bancarotta documentale.
La Corte ha preliminarmente ricordato che l’articolo sopra menzionato prevede due fattispecie di reato alternative che presuppongono: (i) la sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri contabili e (ii) la tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio della fallita.
Quanto al punto (i), è stato precisato in sentenza che integrano gli estremi del reato di bancarotta fraudolenta soltanto le condotte sorrette da dolo specifico, che assurge a linea di demarcazione tra dette ipotesi e quelle previste dal reato di bancarotta semplice documentale.
La Corte ha ribadito poi l’ulteriore linea di confine che differenzia la bancarotta fraudolenta documentale a dolo specifico da quella punibile a titolo di dolo generico. Entrambe le fattispecie sono poste (tra l’altro) a tutela dell’agevole svolgimento delle operazioni della curatela, sicché nell’ipotesi delle scritture tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, rileva ogni ipotesi di falsità, sia materiale sia ideologica.
La totale omissione della tenuta dei libri contabili rientrerebbe nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale sopra riportata al punto (i), atteso che:
- la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilità in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del volume d’affari, ha inteso punire l’imprenditore che non ha istituito la suddetta contabilità;
- non è possibile omettere di istituire i libri contabili e, al contempo, tenere questi ultimi in guisa da non permettere la ricostruzione del patrimonio.
La parziale omissione del dovere annotativo, invece, integrerebbe la fattispecie a dolo generico, in quanto presuppone l’esistenza dei libri contabili.
Le condotte di distruzione e sottrazione delle scritture – così come l’omissione della tenuta – devono contenere un elemento ulteriore, ossia il pregiudizio per i creditori o l’ingiusto profitto per l’agente, che costituisce il fuoco dell’elemento soggettivo (dolo specifico).
Nel caso in questione, la Corte d’Appello aveva ritenuto integrato l’elemento soggettivo (specifico) “per il sol fatto che l’omessa consegna della contabilità ha impedito al curatore di accertare l’avvenuto incasso di debiti”, sovrapponendo erroneamente l’elemento della mancata consegna al curatore da parte dell’imputato (e, dunque, l’effetto della condotta) a quello del fine perseguito.
Per tali motivi la Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio per una nuova valutazione sulla qualificazione oggettiva e soggettiva delle condotte contestate.
La Corte ha preliminarmente ricordato che l’articolo sopra menzionato prevede due fattispecie di reato alternative che presuppongono: (i) la sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri contabili e (ii) la tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio della fallita.
Quanto al punto (i), è stato precisato in sentenza che integrano gli estremi del reato di bancarotta fraudolenta soltanto le condotte sorrette da dolo specifico, che assurge a linea di demarcazione tra dette ipotesi e quelle previste dal reato di bancarotta semplice documentale.
La Corte ha ribadito poi l’ulteriore linea di confine che differenzia la bancarotta fraudolenta documentale a dolo specifico da quella punibile a titolo di dolo generico. Entrambe le fattispecie sono poste (tra l’altro) a tutela dell’agevole svolgimento delle operazioni della curatela, sicché nell’ipotesi delle scritture tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, rileva ogni ipotesi di falsità, sia materiale sia ideologica.
La totale omissione della tenuta dei libri contabili rientrerebbe nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale sopra riportata al punto (i), atteso che:
- la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilità in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del volume d’affari, ha inteso punire l’imprenditore che non ha istituito la suddetta contabilità;
- non è possibile omettere di istituire i libri contabili e, al contempo, tenere questi ultimi in guisa da non permettere la ricostruzione del patrimonio.
La parziale omissione del dovere annotativo, invece, integrerebbe la fattispecie a dolo generico, in quanto presuppone l’esistenza dei libri contabili.
Le condotte di distruzione e sottrazione delle scritture – così come l’omissione della tenuta – devono contenere un elemento ulteriore, ossia il pregiudizio per i creditori o l’ingiusto profitto per l’agente, che costituisce il fuoco dell’elemento soggettivo (dolo specifico).
Nel caso in questione, la Corte d’Appello aveva ritenuto integrato l’elemento soggettivo (specifico) “per il sol fatto che l’omessa consegna della contabilità ha impedito al curatore di accertare l’avvenuto incasso di debiti”, sovrapponendo erroneamente l’elemento della mancata consegna al curatore da parte dell’imputato (e, dunque, l’effetto della condotta) a quello del fine perseguito.
Per tali motivi la Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio per una nuova valutazione sulla qualificazione oggettiva e soggettiva delle condotte contestate.