Richieste di archiviazione per prescrizione e uso del termine "colpevole": lesione del diritto di difesa?
La sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che implicare la colpevolezza del soggetto destinatario della richiesta di archiviazione per prescrizione lesiona il diritto di difesa e la presunzione di innocenza.
La sentenza in commento trae origine da una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Lecce. Nel caso al vaglio del Tribunale, una persona sottoposta ad indagini era venuta a conoscenza di un provvedimento di archiviazione per prescrizione pronunciato nei suoi confronti in cui nella parte motiva non ci si limitava a dichiarare estinto il reato per intervenuta prescrizione bensì si affermava che l’accusa sarebbe stata fondata per una serie di elementi. La persona interessata aveva proposto reclamo assumendone l’illegittimità per violazione del principio del contraddittorio. In particolare, ci si doleva di non essere mai stata posta in condizione di esercitare il proprio diritto a rinunziare alla prescrizione e per l’effetto di esercitare il proprio il diritto di difesa, sancito dall’art. 24 Cost., in sintonia, peraltro con la presunzione di innocenza, di cui all’art. 27, comma 2, Cost., ed all’art. 6, par. 2, CEDU. Si indicava quindi il concreto interesse a essere giudicata nel merito in ordine alle accuse rivoltegli. Il Giudice del reclamo aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, comma 2, e 111, commi 2 e 3, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 411, comma 1-bis, c.p.p., nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre opposizione anche nel caso di richiesta di archiviazione per prescrizione così come è invece possibile nel caso di archiviazione richiesta per particolare tenuità del fatto.
La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione, tuttavia ha fornito un perentorio monito sulla modalità di stesura del provvedimento archiviativo affermando che i provvedimenti di archiviazione per prescrizione del reato “che esprimano apprezzamenti sulla colpevolezza della persona indagata” violano “in maniera eclatante” il diritto costituzionale di difesa e il diritto al contraddittorio, oltre che il principio della presunzione di non colpevolezza.
Ritiene la Corte che lo strumento della rinuncia alla prescrizione è del tutto spropositato poiché l’interessato che dovesse ritenere di aver avuto un pregiudizio da un provvedimento di archiviazione disporrebbe dei mezzi ordinari a difesa della propria reputazione a cominciare dalla denuncia per calunnia e/o diffamazione sino all’azione di risarcimento del danno anche azionando una richiesta di accertamento della responsabilità civile e disciplinare dello stesso magistrato che ha richiesto o emesso il provvedimento illegittimo.
In proposito, la Corte ha poi sottolineato che tanto l’iscrizione nel registro degli indagati, quanto il provvedimento di archiviazione, sono provvedimenti concepiti dal legislatore come “neutri”, dai quali non possono discendere conseguenze negative per la reputazione dell’interessato. Se però il provvedimento di archiviazione, una volta intervenuta la prescrizione, esprima giudizi sulla colpevolezza dell’imputato, esso risulterà del tutto indebito, poiché non vi può essere contraddittorio in merito e poiché “gli stessi poteri di indagine e di valutazione del pubblico ministero sui fatti oggetto della notitia criminis vengono meno”.
La scelta legittima di avvalersi della prescrizione non deve quindi privare l'individuo del suo diritto a non essere considerato colpevole proprio per i motivi sopra indicati, anzi, l’indagato ha il diritto di avvalersi della prescrizione, “che è posta a tutela anche del suo soggettivo interesse a essere lasciata in pace dalla pretesa punitiva statale, rimasta inattiva per un rilevante lasso di tempo dalla commissione del fatto a lei attribuito, senza che tale legittima scelta di avvalersi della prescrizione comporti, per l’interessato, la perdita del suo diritto fondamentale a non essere pubblicamente additato come colpevole in assenza di un accertamento giudiziale”.
La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione, tuttavia ha fornito un perentorio monito sulla modalità di stesura del provvedimento archiviativo affermando che i provvedimenti di archiviazione per prescrizione del reato “che esprimano apprezzamenti sulla colpevolezza della persona indagata” violano “in maniera eclatante” il diritto costituzionale di difesa e il diritto al contraddittorio, oltre che il principio della presunzione di non colpevolezza.
Ritiene la Corte che lo strumento della rinuncia alla prescrizione è del tutto spropositato poiché l’interessato che dovesse ritenere di aver avuto un pregiudizio da un provvedimento di archiviazione disporrebbe dei mezzi ordinari a difesa della propria reputazione a cominciare dalla denuncia per calunnia e/o diffamazione sino all’azione di risarcimento del danno anche azionando una richiesta di accertamento della responsabilità civile e disciplinare dello stesso magistrato che ha richiesto o emesso il provvedimento illegittimo.
In proposito, la Corte ha poi sottolineato che tanto l’iscrizione nel registro degli indagati, quanto il provvedimento di archiviazione, sono provvedimenti concepiti dal legislatore come “neutri”, dai quali non possono discendere conseguenze negative per la reputazione dell’interessato. Se però il provvedimento di archiviazione, una volta intervenuta la prescrizione, esprima giudizi sulla colpevolezza dell’imputato, esso risulterà del tutto indebito, poiché non vi può essere contraddittorio in merito e poiché “gli stessi poteri di indagine e di valutazione del pubblico ministero sui fatti oggetto della notitia criminis vengono meno”.
La scelta legittima di avvalersi della prescrizione non deve quindi privare l'individuo del suo diritto a non essere considerato colpevole proprio per i motivi sopra indicati, anzi, l’indagato ha il diritto di avvalersi della prescrizione, “che è posta a tutela anche del suo soggettivo interesse a essere lasciata in pace dalla pretesa punitiva statale, rimasta inattiva per un rilevante lasso di tempo dalla commissione del fatto a lei attribuito, senza che tale legittima scelta di avvalersi della prescrizione comporti, per l’interessato, la perdita del suo diritto fondamentale a non essere pubblicamente additato come colpevole in assenza di un accertamento giudiziale”.