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Tutela dei lavoratori all’estero: la Corte di Cassazione assolve la Bonatti S.p.A. per assenza di colpa in organizzazione e vantaggio aziendale

Non sussiste la responsabilità amministrativa dell’ente, che opera in un contesto di generale e corretto adempimento degli obblighi antinfortunistici, per la singola condotta, negligente e contraria alle direttive dell’organo amministrativo (C.d.A.), del “dirigente” – dotato di specifica delega di funzioni, con autonomi poteri di gestione e di spesa – che determini l’«infortunio» dei dipendenti.

La Corte di Cassazione in una recente sentenza ha fornito un'importante conferma sul tema della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 degli Enti, affermando l'efficacia del Modello 231 non solo come documento formale ma anche quale sistema integrato di procedure e regolamenti che definiscono regole e prassi aziendali purché dotati di adeguata efficacia preventiva.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 31665/2024 ha infatti assolto la società Bonatti S.p.A. dalla contestazione di cui all’art. 25-septies del D. Lgs. n. 231/2001 nell’ambito della nota vicenda del sequestro e, successivamente, della morte dei tecnici imprudentemente trasferiti “via terra” presso gli impianti della stessa società in Libia.

Nei precedenti gradi di giudizio la Società era stata condannata in relazione al reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. commesso con violazione, da parte dell’organo dirigente, delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro tra cui, inter alia, dell’art. 17 D. Lgs. 81/2008 inerente al mancato inserimento nel DVR del rischio specifico, poi concretizzatosi, degli spostamenti diretti al cantiere in Libia, da cui sarebbe derivato un difetto informativo all’interno della struttura aziendale. 

In merito alle persone fisiche coinvolte, invece, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, aveva assolto i soggetti apicali ritenendo che “la mancata inserzione da parte dei componenti del consiglio di amministrazione del rischio” connesso agli spostamenti dei tecnici diretti al cantiere in Libia “nel DVR, non rappresenta un antecedente causale determinante per la causazione dell’evento”. Inoltre, il Collegio di merito aveva altresì ritento che “l’obbligo di informazione era stato adempiuto” e, pertanto, ancorché non inserito nel DVR, fosse nota a tutti la prescrizione di accedere al cantiere libico esclusivamente mediante via mare

La Corte di Appello aveva pacificamente accolto anche la validità della delega del dirigente in Libia in materia di sicurezza dei lavoratori, il quale, dotato di autonomi poteri di spesa, nonché della necessaria professionalità ad adempiere a tale compito, aveva realizzato di propria iniziativa una condotta negligente e contraria alle direttive impartite – i.e. organizzando il trasferimento dei tecnici via terra – certamente non prevedibile da parte dell’organo dirigente. 

Tutto ciò considerato, ripercorrendo gli elementi costitutivi per la configurabilità della responsabilità dell’ente, la Corte di Cassazione ha sottolineato che l’accertamento deve seguire un “percorso di natura sostanziale” che, indipendentemente dalla formale presenza di un modello organizzativo efficace e correttamente implementato, accerti l’esistenza in concreto di una “colpa di organizzazione” rispetto al quale il reato che è stato commesso si ponga in stretto ed univoco rapporto di derivazione causale. In altri termini, è necessario dimostrare la mancata predisposizione di accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzatosi.

Aderendo a tale orientamento e considerando le motivazioni a fondamento dell’assoluzione dei componenti dell’organo apicale, il Collegio approda, pertanto, all’esclusione della “colpa di organizzazione” della Società, in quanto – nonostante la mancata previsione specifica nel DVR del rischio “connesso agli spostamenti dei tecnici diretti al cantiere in Libia” - la stessa operava in un contesto di generale e corretto adempimento degli obblighi antinfortunistici ed era dotata di un modello di organizzazione e di gestione della sicurezza sul lavoro (ex art. 30, co. 3 e 4 del D. Lgs. n. 81/2008) idoneo a prevenire, con una valutazione ex ante, il rischio concretizzatosi. 

Esclusa, in ogni caso, anche la presenza dei criteri di imputazione oggettiva, quali sono l’interesse e il vantaggio di cui all’art. 5 del D. lgs. n. 231/2001, la Suprema Corte assolve la Società affermando che “laddove venga in concreto escluso, come nel caso di specie, non solo ogni profilo di responsabilità sotto forma di colpa d’organizzazione a carico dell’organo gestorio ma anche il nesso di causalità con gli eventi dannosi verificatisi non può esserci alcuno spazio logico giuridico per ascrivere una responsabilità amministrativa da reato all’ente”.