Licenziamento del whistleblower: la giusta causa non è sufficiente
Con la sent. n. 12688, la Suprema Corte, in relazione al licenziamento per giusta causa di un whistleblower, ha statuito che «[anche] se il fatto omissivo contestato non appare in sé direttamente collegabile alle denunce dallo stesso presentate, tuttavia è il «contesto» in cui l’addebito disciplinare si inserisce e il dedotto esautoramento di attribuzioni, che assumono rilevanza al fine di meglio delineare la relativa responsabilità».
A cura di Avv. Elisabetta Zicarelli
Il caso riguarda il licenziamento per giusta causa del Dirigente Responsabile dell’Area Amministrazione, Finanza e Fiscale di un’Azienda Speciale del Comune di Napoli. Nello specifico, il Dirigente era stato licenziato per non aver impugnato un accertamento tributario da 4 milioni di euro notificato alla Società.
I giudici di merito avevano accolto il punto di vista dell’Azienda, secondo cui il Dirigente non aveva esercitato i poteri necessari per affrontare la delicata situazione finanziaria della stessa, confermando così la giusta causa del licenziamento.
Il Dirigente, tuttavia, contestava la decisione, affermando che la competenza per l’impugnazione spettava al Direttore, uno dei vertici aziendali che egli stesso aveva precedentemente denunciato all’ANAC, alla Procura della Corte dei Conti ed alla Prefettura. A seguito di tali denunce, erano state avviate molteplici inchieste per grave danno erariale nei confronti dei superiori ma – in nessun caso – i Giudici di merito investiti della questione avevano ritenuto opportuno richiamare ed applicare la disciplina whistleblowing, ritenendola superflua in presenza di una giusta causa legittimante il provvedimento espulsivo.
Il licenziamento era stato, sempre, confermato per giusta causa.
Il Dirigente decideva così di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione, la quale si pronunciava chiarendo che, anche se il provvedimento disciplinare non sembra direttamente collegato alle segnalazioni del dipendente, il Giudice deve sempre considerare il contesto in cui l’addebito disciplinare si inserisce.
Tale contesto è, difatti, fondamentale per valutare la legittimità del licenziamento.
Ciò significa, che il Giudice nel valutare la legittimità del licenziamento deve calare l’intera vicenda nel contesto dei rapporti tra l’ente e il segnalante al fine di verificare che la giusta causa sia effettiva e non costruita alla luce della segnalazione.
Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione, ha ritenuto meritevoli di considerazione le denunce del lavoratore, la coincidenza temporale tra il licenziamento e l’avvio di accertamenti contabili nei confronti dei dirigenti, il progressivo demansionamento del segnalante e gli ulteriori esposti contro le ritorsioni subite, procedendo così a cassare la pronuncia del Giudice del secondo grado.