Home / Rassegna LCG / Lo strumento del whistleblowing non può essere impiegato per fini unicamente personali

Lo strumento del whistleblowing non può essere impiegato per fini unicamente personali

Con la sentenza n. 1880 del 27 gennaio 2025, la Suprema Corte di cassazione ha dichiarato che la tutela prevista dalla normativa whistleblowing è assicurata al solo lavoratore che ha utilizzato tale strumento per segnalare illeciti di interesse pubblico e non anche a colui che lo ha impiegato per scopi esclusivamente personali.

A cura di Avv. Elisabetta Zicarelli

La vicenda giudiziaria ha avuto origine dal ricorso di un dipendente pubblico contro la sospensione disciplinare che gli era stata inflitta dopo aver presentato due esposti alla Procura della Repubblica, attraverso i quali aveva denunciato presunte irregolarità nella gestione dell’ente, affermando di agire nell’interesse pubblico.  

Secondo il ricorrente, la sospensione disciplinare era illegittima in quanto contraria all’art. 54-bis D.Lgs. n. 165/2001 (nel testo applicabile ratione temporis, precedente alle modifiche apportate dalla L. n. 179/2019), in base al quale “[…] il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”. 
L’amministrazione, invece, sosteneva che la tutela invocata dal lavoratore non era applicabile in quanto gli esposti non avevano fondamento ed erano finalizzati unicamente a screditare la dirigenza, violando i principi di correttezza e buona fede.  

La Suprema Corte – chiamata a definire la controversia – ha preliminarmente delineato i confini tra la protezione dei segnalanti e gli eventuali abusi nell’uso di tale istituto, sottolineando che le segnalazioni devono essere finalizzate a denunciare illeciti rilevanti per l’amministrazione e non a scopi ritorsivi o strumentali.  

Nel suo pronunciamento, la Cassazione ha confermato che il whistleblowing è uno strumento fondamentale per la prevenzione e il contrasto degli illeciti nelle amministrazioni pubbliche. La normativa tutela il lavoratore che segnala violazioni significative, impedendo che venga soggetto a ritorsioni da parte del datore di lavoro.  
Tuttavia, la Corte ha sottolineato che affinché tale protezione sia applicabile, le segnalazioni devono riguardare condotte illecite e non essere il frutto di contestazioni personali o conflitti interni.  

Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato che gli esposti del dipendente non riguardavano veri e propri illeciti, ma accusavano genericamente la dirigenza dell’ente senza fornire riscontri oggettivi, mostrando piuttosto intenzioni estranee alla tutela dell’interesse pubblico. Per questa ragione, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, precisando che un uso distorto del whistleblowing non può giustificare la protezione prevista per i segnalanti di illeciti. 

Sebbene la pronuncia in esame riguardi la disciplina del whistleblowing antecedente all’attuale normativa prevista dal D.Lgs. 24/23, essa rappresenta comunque un riferimento significativo, in quanto chiarisce i limiti dello strumento del whistleblowing, confermati anche dalla nuova normativa di riferimento.